Un inganno da smascherare

14-01-2018

Uno spettro si aggira sulle prossime elezioni politiche italiane: la prospettiva dell’aliquota fiscale unica.

Ha cominciato Salvini, della Lega, con ipotesi sempre più spinte, partendo dal 23%, fino a far balenare la possibilità di arrivare, nell’arco di qualche anno al 15%. Per tutti. A Salvini ha fatto eco Berlusconi, con la promessa che, in caso di vittoria alle prossime elezioni, si batterà per avere un’aliquota fiscale unica al 23%, per scendere negli anni successivi al 20%, e anche più in basso.
L’aliquota fiscale ridotta, uguale per tutti i contribuenti, dovrebbe avere – secondo i proponenti – l’effetto di accrescere le risorse che i cittadini destinano ai consumi, nonché quello di ridurre sensibilmente l’evasione fiscale.

Nulla dicono, questi personaggi sul come e sul dove contano di reperire i numerosi miliardi che verranno a mancare dalle casse dello Stato con l’attuazione di una simile misura. Non lo dicono, poiché è quasi scontato che dovranno agire (come al solito) sui servizi essenziali quali la sanità, l’istruzione pubblica e probabilmente anche sulle detrazioni fiscali riconosciute alle famiglie delle fasce sociali medio-basse.

Il risultato complessivo di questa operazione sarà un ulteriore impoverimento dei cittadini meno abbienti; a cui corrisponderà una maggiore disponibilità di denaro da parte delle classi più ricche. Infatti, i cittadini più poveri continueranno a pagare il 23% di tasse (cioè esattamente quanto pagavano prima), trovandosi inoltre a sostenere maggiori spese a causa dei tagli apportati ad alcuni servizi, mentre i cittadini più abbienti si vedranno ridurre in maniera consistente le tasse che pagavano in precedenza (dal 42% - 39% - 33% o 29% al 23%).
In quanto alle successive riduzioni fiscali promesse (al 20% o addirittura al 15%), si tratta di puri specchietti per le allodole: non se ne farà nulla. Per mancanza di fondi. Del resto, Berlusconi è già stato al governo per ben 3 volte: perché non ha mai tentato di attuare un simile provvedimento se lo ritiene così importante per il rilancio dell’economia?

La spinta ad accorpare le aliquote fiscali verso il basso è, in realtà, un’idea tipica della destra. Lo vediamo con Trump, negli USA; sognano di farlo FI e la Lega, in Italia. E non certo per favorire i cittadini più bisognosi.

La via di tendenza verso cui muoversi – non soltanto per una questione di giustizia sociale, ma anche per il rilancio dei consumi – è esattamente opposta: ridurre la pressione fiscale sui redditi più bassi e alzarla per quelli più elevati (anche con serie politiche di recupero dell’evasione fiscale). Questa è un’idea di sinistra. Non certo del tipo di sinistra che abbiamo avuto al governo negli ultimi anni, ma di una sinistra vera, attenta al benessere dei cittadini e schierata nella difesa dei diritti dei più deboli.

Mi preoccupa il silenzio con cui sono state accolte dal PD le proposte di Salvini e di Berlusconi. Non vorrei che esse facessero breccia anche nella sinistra più conservatrice (quella che si riconosce in Matteo Renzi, tanto per intenderci). Potremmo ritrovarci, in piena campagna elettorale, con una sorta di gara tra chi “la spara più grossa”, in tema di parificazione delle aliquote fiscali.