Prospettive del dopo-voto

13-03-2018

Considerati i risultati delle ultime elezioni, l’unica possibilità per dare all’Italia un governo stabile, capace di varare una serie di provvedimenti di cui c’è gran bisogno, è un accordo tra PD e M5S (con l’aggiunta di Liberi e Uguali, già dichiaratisi disponibili). Le alternative sono un governo delle destre (Salvini-Berlusconi-Meloni) o il ritorno alle urne fra qualche mese: entrambe una vera e propria catastrofe per l’Italia. Basterebbe questa semplice considerazione per convincere “chiunque abbia ancora un briciolo di cuore a sinistra” che, per “il bene degli italiani” (tanto spesso invocato), non c’è altra scelta.

Certo, le incognite non mancano. Una fra tutte: non si ha alcuna garanzia che il M5S sia disponibile alla mediazione o pretenda che si sostenga semplicemente i suoi programmi. Tuttavia, nonostante tutti i dubbi del caso, l’accordo con il M5S è una possibilità che va esplorata.

Perché allora Matteo Renzi e tutti i maggiordomi schierati con lui sono fortemente contrari a questa ipotesi?
Credo che la risposta sia abbastanza semplice. Un accordo del PD con il M5S farebbe perdere a Renzi qualsiasi centralità nella scena politica italiana. Non solo le scelte compiute dal nuovo governo andrebbero in una direzione molto diversa rispetto a quella seguita finora, ma non ci sarebbe alcuno spazio per un personaggio tanto ingombrante e poco disponibile al dialogo.

In definitiva, un eventuale accordo PD-M5S sarebbe la fine politica per Renzi, il quale, da quel momento in poi potrebbe aspirare al massimo a un posto come sindaco in qualche paesino della Toscana. C’è quindi da meravigliarsi se lui e tutti coloro che ancora lo sostengono si mostrino tanto avversi a questa possibilità?

Se invece il governo va alle destre e il PD rimane all’opposizione, oppure non si riesce a formare un nuovo governo, ci saranno ancora delle possibilità – almeno così sperano Renzi e seguaci – per manovre che consentano di mantenere un certo potere all’interno del partito, in vista di future prospettive di rimonta.

Questi signori non si rendono conto del danno che arrecano al Paese con il loro comportamento. O, più precisamente, non se ne curano affatto, tutti presi, come sono, dalla difesa dei loro personali interessi. Non si chiedono - come sarebbe auspicabile - "cosa è meglio per l'Italia"? Bensì "cosa è bene per la mia carriera politica"? O, nel migliore dei casi, "cosa è bene per il partito a cui appartengo"?

Bisogna sperare che, nonostante tutto, l’accordo alla fine vada in porto grazie a qualche fattore imprevisto capace di svolgere un ruolo decisivo. Gli italiani ne trarrebbero indubbiamente dei vantaggi, e forse riusciremmo finalmente a toglierci di torno un certo numero di politici che hanno ampiamente dimostrato di pensare solo a se stessi.