Il suicidio politico del M5S
Dopo tante incertezze, dopo la farsa della consultazione online dei cittadini tramite la piattaforma Rousseau, il M5S ha votato compatto il suo NO all’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini. Con questo, tradendo le tante prese di posizione passate contro la legge sull’immunità riservata ai parlamentari.
Si tratta di una scelta gravissima, che mostra con chiarezza (ammesso che ce ne fosse ancora bisogno) fino a che punto i grillini siano ormai attaccati alle loro poltrone di parlamentari. Altro che fare gli “interessi dei cittadini”; altro che “rinnovamento”: in pochi mesi, rapidi come nessun altro partito prima di loro, ma proprio alla stessa maniera dei vecchi partiti, il M5S è stato capace di rimangiarsi la maggior parte delle promesse fatte in campagna elettorale pur di non scontentare il suo alleato di governo.
Dopo questa decisione scellerata, i 5S sono da considerare politicamente finiti. Potranno vivacchiare ancora qualche mese, in uno stato di crescente irrilevanza, finché a Salvini non converrà “staccare la spina” a questo governo.
Ai politologi e, più in generale, agli storici il compito di spiegare come sia potuto accadere che un gruppo politico, dopo aver guadagnato enormi consensi grazie ai principi su cui diceva di fondarsi, abbia poi calpestato quegli stessi principi con grande leggerezza, senza capire che ciò li avrebbe condannati a una veloce estinzione.