La politica italiana e la gestione dell'acqua

22-03-2016

In seguito al referendum del 2011 in cui 26 milioni di cittadini indicarono a larghissima maggioranza che la gestione dell’acqua deve essere pubblica, si sta da tempo elaborando una proposta di legge che dovrebbe dar seguito alla volontà popolare. Alcuni giorni fa, a questa proposta di legge, sono stati “scoperti” due emendamenti, a firma dei parlamentari Enrico Borghi e Piergiorgio Carrescia, entrambi del Pd, che di fatto, riaprirebbero la strada ai privati.

Gli interessati chiamati in causa e fatti oggetto di una marea di proteste si sono affrettati a dichiarare che “non c’è nessuna privatizzazione, ma solo garanzia di un uso responsabile e sostenibile della risorsa”. Con questo richiamandosi a un concetto ripetuto fino alla nausea dai politici di destra, secondo cui, essendo necessari molti investimenti per avere un servizio idrico efficiente, solo l’ingresso dei privati può assicurare le risorse economiche che occorrono.

A questi signori e a tutti i sostenitori della privatizzazione dei servizi per aumentarne l’efficienza, io pongo questa semplice domanda: perché mai, visto che il fine delle società private è massimizzare il profitto, queste dovrebbero investire più di quanto investirebbe un ente pubblico?

La controprova dell’inganno nascosto in un simile concetto è la gestione disastrosa dell’acqua da parte della maggior parte delle aziende private che operano in Italia. Se fosse vero che “privato è bello”, per qual motivo la maggioranza dei comuni della provincia di Latina, in seguito alle ripetute proteste dei cittadini, sarebbero tornati alla gestione pubblica dell’acqua, dopo aver affidato per anni il servizio a una società privata?

Se diamo un’occhiata all’estero, le cose non stanno molto diversamente. Troviamo, ad esempio, il Comune di Parigi (governato da decenni da una amministrazione di destra), dove dal 1° gennaio 2010, l’acqua è tornata ad essere pubblica, dopo una gestione privata rivelatasi fallimentare. C’è da aggiungere che oggi l’acqua dei parigini costa meno di 3 euro al metro cubo (uno dei prezzi più bassi d’Europa), con un risparmio complessivo di circa 30 milioni di euro l’anno.

Infine, gli Stati Uniti, considerati da molti la patria del liberismo e dell’iniziativa privata (a scapito del pubblico), che per oltre un secolo hanno affidato l’acqua alla gestione dei privati, oggi dispongono di uno dei migliori servizi idrici del mondo. Bisogna però aggiungere che, per raggiungere questo obiettivo, più del 90% dei servizi idrici è dovuto tornare alla gestione pubblica.

Cosa dobbiamo quindi pensare dell’iniziativa dei due deputati del Pd? Che stanno svolgendo la loro funzione di legislatori nell’interesse dei cittadini? Che il loro scopo sia veramente quello di migliorare la fornitura dell’acqua, diminuendone magari anche il costo per gli utenti?

Mi permetto di dubitarne, come dubiterebbe, del resto, ogni persone dotato di buon senso. Il sospetto che ci siano altri interessi da difendere è più che lecito. Chissà… Andando a spulciare tra le loro frequentazioni e i loro amici, si potrebbe scoprire che fra questi ci sono persone che avrebbero tutto da guadagnare se la gestione dell’acqua fosse di nuovo aperta ai privati. Bisognerebbe pure andare a vedere chi sono quelli che hanno finanziato la loro campagna elettorale e che magari continuano a sostenerli con elargizioni al partito. Del resto la questione del condizionamento delle lobby sull’attività politica è una questione sempre aperta.

Ma anche se non si scoprisse nulla di tutto questo e si dovesse concludere che questi personaggi prendono certe iniziative per pura convinzione ideologica, rimarrebbe il fatto che essi agiscono in conflitto con gli interessi dei cittadini, infischiandosene per giunta dei risultati di un referendum. Gli elettori dovrebbero quindi imprimersi bene in mente i loro nomi (Enrico Borghi e Piergiorgio Carrescia) in modo da ricordarli facilmente il giorno che dovessero ritrovarseli tra i candidati da votare.

Se i politici che fanno “porcate” (questa è una vera e propria “porcata”) corressero seriamente il rischio di non essere rieletti, ci penserebbero due volte prima di portare avanti proposte del genere.