Se l'incapacità di riconoscere i propri errori diventa patologia

31-05-2013

La maggioranza dei cittadini che hanno dato il voto a Grillo nelle ultime elezioni politiche, lo hanno fatto per protesta contro i partiti tradizionali, per lo più in alternativa all’astensione. C'era comunque la speranza tale scelta avrebbe rafforzato un movimento che poteva contribuire in modo decisivo a quei cambiamenti che sono necessari al nostro Paese.

I fatti hanno purtroppo dimostrato che una simile speranza era del tutto fuori luogo. Grillo ha raccolto un consenso assai maggiore del previsto, ma, nonostante questo, ha preferito adottare la strategia del disimpegno: i risultati delle urne gli avevano offerto una grande possibilità di incidere sulla politica italiana sostenendo il Partito Democratico, condizionandone fortemente le scelte secondo i propri orientamenti. Invece è rimasto a guardare, limitandosi alla critica.

Questo comportamento ha deluso profondamente gli elettori, che avrebbero voluto che il Movimento 5 Stelle partecipasse attivamente al governo, sia pur a precise condizioni. La delusione si è presto tramutata in rifiuto. Tant’è vero che alle elezioni amministrative della scorsa settimana il partito di Grillo ha subito una pesante sconfitta.

Tutti possono sbagliare nelle proprie valutazioni. E’ più che comprensibile. E’ umano. Ma quando, con ragionamenti ridicoli, si giunge a negare l’evidenza dei risultati elettorali; quando ci si ostina ad andare in una determinata direzione malgrado i ripetuti segnali di dissenso che vengono dai propri elettori, malgrado che i fatti suggeriscano l’opportunità di cambiare; quando si classificano gli elettori che non ci votano tra i “rappresentanti dell’Italia peggiore”, quando persino personaggi come Milena Gabanelli e Stefano Rodotà, prima esaltati per le loro qualità, vengono successivamente disprezzati per essersi permessi delle critiche; quando, nonostante l’insofferenza dimostrata dai propri parlamentari di fronte a una strategia di sterile opposizione, si giunge a minacciare, con faccia feroce, “chi è a favore di un’intesa con il PD, si accomodi all’uscita”, vuol dire che si è perso il contatto con la realtà. Vuol dire che siamo al delirio, alla patologia.

Grillo si sta dimostrando, col suo comportamento dittatoriale alieno ad ogni principio di democrazia interna, cieco alle esigenze della società che lo circonda e insensibile alle posizioni di molti componenti del gruppo che rappresenta, il peggiore dei leader politici che si possa immaginare. E, per questa sua incapacità di cambiare, per questa sua impenetrabilità alla critica – anche alla critica amica – è destinato a un rapido declino. Tempo qualche mese – a meno che non intervengano mutamenti importanti nella linea di condotta – il suo movimento si ridurrà a un astioso, quanto sparuto, gruppetto che impreca contro tutto e contro tutti, finché il voto degli elettori non ne decreterà la totale scomparsa.


Parole chiave: politica Grillo