La strategia perdente di Bersani

23-01-2013

I cittadini che danno il loro voto al Partito Democratico si aspetterebbero, in caso di vittoria del loro partito alle prossime elezioni, di assistere a una vera svolta nella politica italiana. In particolare, vorrebbero vedere attuate: una sensibile redistribuzione della ricchezza, dalle classi più agiate alle classi più povere, per ridurre lo scandaloso dislivello che separa chi ha molto da chi non ha quasi niente. Vorrebbero vedere iniziative sostanziose per rilanciare l’economia, promosse sia con incentivi all’assunzione, che con politiche di investimenti pubblici ben mirati. Vorrebbe che si facesse qualcosa per l’istruzione, sempre più degradata per la carenza cronica di risorse, e per la ricerca, vero motore dello sviluppo di qualsiasi paese che voglia definirsi moderno. Vorrebbero, infine, che si procedesse a una riduzione corposa delle spese della politica, in ogni loro forma (è di poche giorni fa la notizia delle consulenze assegnate dalla giunta romana di Alemanno a un migliaio di persone, per un totale di circa 20 milioni di euro!).

Ci tocca invece assistere al comportamento ondivago di Bersani che, dopo aver offerto per mesi un’alleanza a Casini ricevendone soltanto sdegnosi rifiuti, e tenendo nel frattempo in sospeso Vendola, ha finito per accettare quest’ultimo nella propria coalizione, salvo continuare a lanciare offerte al partito di Monti (a cui aderisce anche Casini). Monti ha già fatto sapere che “se ne riparlerà dopo le elezioni”, precisando che, in ogni caso, non accetterà alcuna posizione subordinata al PD. In parole povere, o potrà essere premier del futuro governo, indipendentemente dai voti raccolti dal suo partito, oppure non se ne farà niente.

Ma quello che maggiormente preoccupa della strategia elettorale di Bersani è la mancanza di punti davvero qualificanti nel suo programma, capaci di indicare che qualcosa potrebbe davvero cambiare con il PD al governo. Per quel che è dato di capire dalle diverse interviste concesse da Bersani, emerge la sua intenzione di proseguire all’incirca nel solco tracciato dal precedente governo: niente patrimoniale, ma uno sforzo per far pesare un po’ di più l’IMU su chi possiede molti appartamenti, riducendone l’importo sulla prima casa; qualche incentivo in più agli imprenditori che assumono (ma non c’erano già degli incentivi, senza che abbiano dato risultati?); l’istruzione, l’università e la ricerca sembrano completamente dimenticate; in quanto alla riduzione dei costi della politica, sebbene se ne parlasse fino a qualche settimana fa, ora è un argomento che non compare più nei discorsi dei dirigenti del PD…

Non sembra esserci un vero progetto di cambiamento, che è quello di cui l’Italia avrebbe davvero bisogno per risollevarsi dalle sue condizioni, ma piccoli ritocchi qua e là, assolutamente insufficienti sia rispetto alle aspettative dei cittadini, sia rispetto alle esigenze reali del nostro Paese.

La mancanza di coraggio di Bersani, la sua indecisione, il suo costante tentennare tra la sinistra-sinistra e il centro rischiano di far perdere al suo partito un’occasione storica per imprimere una svolta nella politica italiana. Il rischio reale, palpabile, c’è. Non il rischio che Berlusconi vinca le elezioni. Non credo che il Cavaliere sia tanto abile con i suoi giochini da prestigiatore e, soprattutto, non credo che ci siano più tanti cretini disposti a credergli ancora una volta.

Esiste però la possibilità, assai concreta, che il PD non ottenga la maggioranza al Senato. E su questo sembrano puntare, nascostamente, sia Berlusconi che Monti.
In un simile scenario, il PD non potrebbe governare senza scendere a patti con almeno uno degli altri due partiti maggiori. Si riprodurrebbero, in sostanza, le forze che abbiamo visto in campo durante l’ultimo anno. Sempreché il Capo dello Stato, considerata la situazione, non decida di rendere ancora più esplicito questo quadro, assegnando a Mario Monti l’incarico di formare il nuovo governo. Del resto, non dobbiamo mai dimenticare che Monti è una creatura di Napolitano.

Per Bersani, questa sarebbe una sconfitta clamorosa, che potrebbe costargli il posto di capo del partito.

Cosa dovrebbe fare, allora, nell’attuale situazione?
Dovrebbe prima di tutto chiarire a se stesso, al di là delle strategie politiche e delle alleanze, cosa vuole fare per il nostro Paese, dove vuole portarlo da qui a qualche anno, che tipo di società ha in mente di costruire. Gli va bene che i ricchi siano sempre più ricchi e che i poveri siano sempre più poveri? Gli va bene che appena il 10% delle famiglie italiane possegga quasi la metà della ricchezza nazionale?

Fatto salvo il rigore sui conti pubblici, questo è il primo punto da affrontare: ridurre le disuguaglianze sociali. E si tratta – si badi bene – non soltanto di una questione di giustizia, ma uno dei presupposti per il rilancio economico dell’Italia. L’economia va male perché un gran numero di famiglie è stato costretto a ridurre i consumi in seguito all’aumento delle tasse e a una riduzione delle entrate. I ricchi sono stati appena sfiorati dalla crisi; continuano a spendere all’incirca come prima. Ma sono in pochi rispetto alla gran massa dei cittadini comuni, non sono sufficienti a sostenere significativamente i consumi.

La redistribuzione della ricchezza, oltre che a richiedere una intensificazione della lotta all’evasione fiscale – secondo me – non può prescindere da due provvedimenti che il nuovo governo dovrebbe prendere entro le prime settimane del proprio mandato:

1. Imposizione di una tassa sui patrimoni che superano il milione di euro, tenendo magari conto della parte costituita da immobili (che già pagano l’IMU, vera e propria tassa patrimoniale, ma niente affatto progressiva). Ci sono però i costruttori, che detengono anche centinaia di appartamenti – patrimoni di decine di milioni di euro – esentati dal pagamento dell’IMU; ci sono i patrimoni costituiti da partecipazioni azionarie, da obbligazioni, da quote di fondi. Anche queste ricchezze, a volte molto cospicue, vanno in qualche modo tassate. Le entrate derivanti da questa imposta andranno utilizzate sia per ridurre l’IMU sulla prima casa, sia per finanziare misure rivolte alla crescita.

2. Introduzione di una nuova aliquota fiscale, al 46-47% sui redditi che superano i 120-150 mila euro l’anno. Con il ricavato, stimabile intorno ai 350-500 milioni, si potrebbero praticare dei sostanziosi sgravi fiscali ai redditi più bassi (privilegiando le famiglie numerose, le famiglie con persone non autosufficienti, ecc.). So bene che una simile misura viene vista come fumo negli occhi dalla maggioranza dei politici, compresi quelli del PD. E ciò soprattutto dopo che è stata sostanzialmente accettata la ricetta berlusconiana (fortunatamente mai attuata) di due sole aliquote come il massimo bene a cui deve tendere un buon sistema fiscale.

Sia la riduzione dell’IMU sulla prima casa (finanziata con una patrimoniale e non con altre tasse che pesino indiscriminatamente su tutti i cittadini), sia gli sgravi fiscali alle famiglie meno abbienti si tradurrebbero immediatamente in maggior reddito disponibile per i consumi. Certo, questo non basta per rilanciare l’economia. Una parte dei ricavi ottenuta con la patrimoniale dovrebbe essere utilizzata per iniziative per la crescita. Mi limito qui a elencarne alcune: incentivi alle aziende che investono in ricerca e innovazione, interventi per la messa in sicurezza del territorio e per la bonifica delle tante discariche di cui è coperta l’Italia, potenziamento delle strutture di ricerca, con un’attenzione particolare alle competenze e ai meriti di chi vi opera, maggiori fondi da destinare all’Università e all’istruzione in generale (eventualmente incentivando donazioni da parte dei privati), potenziamento delle forze di polizia e della finanza, per una più efficiente lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione, al lavoro nero, alla contraffazione e all’evasione fiscale.

Infine, in un programma innovatore (e vincente) non dovrebbe mancare un serio impegno alla riduzione degli sprechi, con speciale riferimento ai costi della politica. E’ un argomento di vago sapore demagogico, perché di per sé, non sembra in grado di concorrere in maniera sostanziale al risanamento del bilancio nazionale, almeno non in tempi brevi. Infatti, vi ricorrono abbondantemente i demagoghi: Grillo, Di Pietro, gli esponenti della Lega e, naturalmente, Berlusconi. Tale argomento è però molto sentito dai cittadini, specialmente dopo gli ultimi scandali, e deve avere una risposta decisa da parte dei politici se si vogliono togliere voti a certi partiti e attrarre coloro che sono orientati a non votare.

Le mie proposte in questo senso sono: riduzione di un terzo al numero dei parlamentari (dagli attuali 930 a circa 600); diminuzione di una terzo dell’importo dei loro emolumenti; analoga riduzione per i consiglieri regionali, con immediata abolizione dei vitalizi (per quelle Regioni che ancora non l’hanno fatto) e della bonuscita di fine mandato; controllo ferreo su come vengono spesi i fondi derivanti dai cosiddetti rimborsi elettorali; obbligo a tutti gli enti locali (Regioni, Province e Comuni) di pubblicare on line i loro bilanci dettagliati (la trasparenza è la prima condizione per scoraggiare l’uso improprio o addirittura criminoso del denaro pubblico); accorpamento a livello regionale (o almeno provinciale) delle più di 3000 aziende partecipate dagli enti locali.

Concludendo, credo che il Partito Democratico possa ragionevolmente sperare di vincere le prossime elezioni, con i numeri sufficienti per governare, solo con un programma coraggioso e chiaro, che si distingua nettamente da quello degli altri partiti, capace di far intravedere ai cittadini la possibilità di un vero cambiamento.
Purtroppo, temo che non ci sia la volontà politica di spingersi tanto lontano, per non alterare certi equilibri interni e soprattutto per lasciarsi aperta la possibilità di una futura collaborazione con Monti. Questo pone una seria ipoteca sulle possibilità che il PD raccolga i consensi occorrenti per governare in modo autonomo.

Per quel che mi riguarda, sono orientato a dare comunque il mio voto a questo partito, non perché io sia soddisfatto del comportamento dei suoi dirigenti, ma perché nel panorama politico italiano non riesco a vedere niente di meglio…
Però, ragazzi, che delusione!!!