Il declino irreversibile del Caimano
La sentenza della Cassazione che ha confermato la condanna di Berlusconi per frode fiscale segna indubbiamente un punto di svolta nella vita politica del Cavaliere. Comunque siano gli esiti finali di questa vicenda, nulla sarà più come prima. E ciò diventa ogni giorno più chiaro a tutti, sia tra i sostenitori di Berlusconi come nel campo avverso.
Lo si capisce dalla reazione scomposta, marcatamente emotiva, quasi isterica, assai poco politica del PdL. Si annunciano manifestazioni di piazza poi annullate, si fa balenare la possibilità di una crisi di governo, qualcuno evoca addirittura il pericolo di guerra civile. Nessuno sa bene cosa convenga fare per limitare i danni. Per tirar fuori Berlusconi dai suoi guai.
Nelle ultime ore sembra prospettarsi come unica via d’uscita quella di chiedere la grazia al Presidente della Repubblica, presentandola come una sorta di condizione per continuare ad appoggiare l’attuale governo Letta. Una richiesta assurda, ricattatoria, che spero proprio Napolitano respinga sdegnosamente. Si chiede un colpo di spugna, perché tutto continui come se nulla fosse accaduto.
In genere, la grazia viene concessa a chi mostri segni di pentimento, o in presenza di evidenti carenze legislative (come è accaduto per il caso Sallusti). Berlusconi, non solo appare tutt’altro che pentito, ma non ha perso tempo per rivolgere uno dei suoi soliti attacchi alla magistratura. Inoltre, il crimine da lui commesso – frode fiscale per molti milioni di euro per costituire fondi neri all’estero – è fin troppo bene inquadrato dall’attuale legislazione. Ma non basta. Berlusconi ha anche diversi altri carichi pendenti, che prima o poi verranno a sentenza. Di quale grazia stiamo parlando?
Ovviamente, per chi lo sostiene, tali questioni sono del tutto irrilevanti. Anzi, si da per scontata l’innocenza di Berlusconi, nonostante la sentenza definitiva a suo carico, sposando in pieno un cliché ormai arcinoto e tutto sommato un po’ logoro: la condanna ingiusta sarebbe opera di una parte della magistratura per eliminare un politico scomodo per via giudiziaria.
La fedeltà dei maggiori esponenti del PdL nei confronti del loro leader ha il carattere della dedizione assoluta. Fa quasi tenerezza. Ma si tratta di una fedeltà nient’affatto disinteressata. La realtà, nuda e cruda, è che questi personaggi devono tutto al loro capo: senza di lui i vari Cicchitto, i Bondi, gli Alfano, le Gelmini, gli Schifani, i Rotondi, le Carfagna, tornerebbero ad essere delle autentiche nullità. Non c’è quindi da meravigliarsi che essi difendano Berlusconi con tanta convinzione, fino a quasi annullarsi in lui. Stanno in realtà tentando di salvaguardare loro stessi, il loro futuro politico. Poiché si può essere certi che il giorno in cui la figura di Berlusconi apparisse definitivamente compromessa, la maggior parte di coloro che oggi si prostrano davanti a lui senza ritegno, non esiterebbe a voltargli le spalle, pensando innanzitutto al tornaconto personale.
Un passaggio importante dell’intera vicenda è rappresentato dal voto al Senato che nei prossimi giorni dovrà sancire la decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore. Mi auguro vivamente che il Partito Democratico si schieri compatto per la decadenza, come è giusto che sia in seguito alla condanna definitiva di un parlamentare per un reato molto grave. Certo, il PdL tenterà ogni possibile ricatto, in primo luogo mettendo in forse il proprio sostegno al governo.
Il rapporto del PD con i suoi potenziali elettori è già notevolmente compromesso dalla propria partecipazione al governo “delle larghe intese” e per il sostegno dato ad Alfano nella brutta faccenda dell’espulsione della moglie del dissidente kazako. Votare contro la decadenza di Berlusconi, invocando il senso di responsabilità per non far cadere il governo, sarebbe una scelta intollerabile, almeno per quei cittadini che non sono ancora completamente rimbecilliti dalla propaganda berlusconiana.
Minacce a parte, al centro-destra non conviene in nessun caso far cadere il governo Letta, aprendo la strada ad elezioni anticipate. Berlusconi e la sua cricca non pensano al bene del Paese, come dovrebbe ormai essere evidente anche ai lattanti. Non esiterebbero un solo istante a togliere l’appoggio all’esecutivo se ciò potesse tornare a proprio vantaggio (cosa che, del resto, fecero con il governo Monti, due mesi prima della scadenza naturale della legislatura). Al momento, però, avrebbero tutto da perdere da una eventuale crisi di governo.
Se si dovesse andare a nuove elezioni, la carica di senatore per Berlusconi decadrebbe automaticamente. E questi non potrebbe ripresentarsi come candidato per via dell’interdizione dai pubblici uffici che pesa su di lui. Non potrà più essere eletto senatore, né tantomeno ministro o Presidente. Politicamente è fuori. Una crisi di governo non farebbe che affrettare ciò che in ogni caso dovrà accadere.
D’altra parte, nulla vieta a Berlusconi di continuare a occuparsi del suo partito, dall’esterno, esattamente come fanno Grillo e Casaleggio con il Movimento 5 Stelle.
Il PD dunque non si lasci impressionare dalle sceneggiate poste in atto da Berlusconi e dai suoi sostenitori. Il governo Letta tenga saldamente il timone nella direzione di dar risposte ai grandi problemi che affliggono l’Italia, in primo luogo quelli economici, senza però dimenticare la necessità di approvare al più presto una nuova legge elettorale. Questo, naturalmente, se esiste obiettivamente la possibilità di andare avanti, se non ci si troverà giorno per giorno a dover fronteggiare le bizze del centro-destra, le richieste inaccettabili, i tentativi sotterranei di far passare provvedimenti che fanno comodo a Berlusconi o ai suoi amici, le mediazioni al ribasso. Perché se è così, molto meglio “staccare la spina” al governo senza ulteriori indugi e rivolgersi nuovamente agli elettori.
Se poi il PD decidesse anche di fare un po’ di chiarezza al proprio interno, non sarebbe affatto male, se non altro per rispetto di tutti coloro che non hanno ancora perso la speranza di veder risorgere il loro partito come una grande forza capace di dare una vera svolta alla politica italiana. Ma forse questo è chiedere troppo…