Considerazioni sulla riforma della giustizia

03-01-2009

Nei prossimi giorni prenderà il via la tanto annunciata riforma della giustizia, con annesse limitazioni all’uso delle intercettazioni, provvedimenti a cui Berlusconi ha sempre mostrato di tenere moltissimo.

Negli ultimi tempi ho notato una preoccupante crescita della disponibilità del PD a discutere in tal senso.
Si parlerà dei veri mali dei giustizia italiana, e cioè dell’intollerabile lunghezza dei processi civili e penali, della moltitudine di leggi farraginose e contorte, delle numerose scappatoie che consentono non di rado ai delinquenti, assistiti da bravi legali, di farla franca?
Niente di tutto questo. Ci si occuperà dell’idea ossessiva di Berlusconi di rendere inoffensivi i giudici nei confronti della classe politica, o almeno di limitare notevolmente il loro potere. Sulle intercettazioni è fin troppo chiaro l’obiettivo del Cavaliere: evitare la possibilità che qualche telefonata compromettente, sua o dei suoi amici, venga resa pubblica. Non ha forse minacciato recentemente di lasciare l’Italia se il contenuto di una sua telefonata comparirà ancora sui giornali?

Quello che sta a cuore a Berlusconi è fin troppo evidente. Gli argomenti costruiti sopra per giustificare i nuovi provvedimenti sono solo fumo negli occhi per i cittadini e (comincio a temere) anche per alcuni politici dell’opposizione.

Può essere pure vero che certi giudici esagerino un po' nell’uso del loro potere, come traspare dalla recente lotta tra procure calabresi; può anche essere che in Italia si faccia un uso eccessivo delle intercettazioni, con una spesa notevole a carico delle finanze pubbliche. Ma ciò non giustifica tutto il polverone sollevato. Per i giudici, basterebbe inviare qualche ispezione in più; per le intercettazioni, che spesso costituiscono uno strumento indispensabile per raccogliere prove su ogni genere di misfatti, basterebbe l’invito a una maggiore moderazione, o magari qualche piccolo (e sottolineo piccolo) ritocco ai criteri del loro utilizzo. Penso comunque che sia un grave danno per la giustizia restringere la rosa dei crimini a cui le intercettazioni possono essere applicate.

I politici, in quanto uomini pubblici, hanno diritto di reclamare la privacy solo nelle questioni che riguardano la sfera strettamente privata. Se fanno o ricevono richieste per “sistemare” una data persona o per portare a buon fine un certo affare, anche se di nessuna rilevanza penale, si trovano già al di fuori della sfera privata, perché viene ad essere coinvolta la carica pubblica ricoperta.

Il cittadino ha il diritto di sapere come si comporta il politico da lui eletto, come ha il diritto di conoscere i retroscena che ci sono dietro certe decisioni. E’ una questione di trasparenza. Ciò significa che la privacy di un uomo politico deve essere più limitata rispetto alla gente comune: è il prezzo da pagare per godere dei privilegi (che sono ancora troppi!) legati alla propria carica.

Detto questo, credo che il PD debba fare molta attenzione a non cadere nella rete del Cavaliere. Dietro la richiesta di collaborazione, si intravede - chiarissima - l’intenzione di coinvolgerlo in un’operazione che, è destinata comunque a rendere la magistratura meno libera, meno indipendente dal potere politico, magari in cambio di qualche marginale concessione, in termini di emendamenti accolti.

Ai cittadini comuni non interessa la riforma della giustizia che ha in mente Berlusconi, perché essa non porta loro alcun vantaggio. I cittadini si aspettano una riforma che renda i processi più rapidi: di questo deve preoccuparsi il PD.

[Pubblicato sul forum del PD Il Cannocchiale]
Parole chiave: politica Berlusconi giustizia riforme