Ancora sulla riforma della giustizia
Nelle ultime settimane, quasi a ogni dibattito televisivo in cui si tocca il problema della giustizia, sento ripetere il solito ritornello da parte di esponenti del PdL: è necessario regolamentare l’attività dei giudici per evitare eccessi e arbitri. L’esempio principe riportato è ovviamente quello della “persecuzione” di Berlusconi, il quale, da quando è sceso in politica, sarebbe oggetto di decine di iniziative giudiziarie prive di fondamento. Accanimento che non ha eguali per nessun altro imprenditore italiano e che, guarda caso, avrebbe avuto inizio proprio a partire dal momento in cui Berlusconi è diventato una figura di rilievo nella politica italiana.
All’elenco dei tentativi di processare ingiustamente Berlusconi “per togliere di mezzo un avversario politico scomodo”, fatta da rappresentanti della maggioranza, finora non ho sentito nessuno dell’opposizione, altrettanto documentato e puntuale, ribattere punto per punto su queste affermazioni, per mostrare la loro fondamentale falsità.
Perché non si ricorda con chiarezza quali reati fossero contestati a Berlusconi prima che decidesse di darsi alla politica? Perché nessuno finora ha mai parlato del fatto che le aziende di Berlusconi, nei primi anni ‘90, avevano accumulato debiti per qualcosa come 4.000 miliardi di lire?
Bisognerebbe ribattere con fermezza ad ogni tentativo di far passare Berlusconi come un “perseguitato”, ricordando che egli ha scelto la via della politica per motivi strettamente personali: per sottrarsi al rischio di finire in galera e per salvare le proprie aziende da una probabile bancarotta. Adottando una simile strategia, sostenuta da una adeguata documentazione, si toglierebbe ogni voglia ai lacchè di turno di prendere le difese del Cavaliere.