La lunga fase di stallo della sinistra italiana

22-10-2008

Sono rimasto molto colpito dall’intervista di ieri sera su “Otto e mezzo” (La7) a Bertinotti, che considero il rappresentante più significativo di quel che rimane della sinistra italiana non moderata.

Mi ha colpito il vuoto di idee, di proposte concrete per uscire dalla grave crisi di consensi che investe tutte le forze progressiste del nostro Paese. L’ho sentito parlare della necessità di ascoltare la gente comune, coloro che in questi giorni manifestano contro la riforma della scuola.

Ascoltare i cittadini è molto importante. Pochi politici lo fanno in maniera non demagogica. Ma, se ascoltare vuol dire cercare suggerimenti perché non si sa da che parte andare, allora la situazione è davvero molto grave. Vuol dire che i dirigenti della sinistra non sono più capaci di essere propositivi, di cogliere i problemi della società attuale e di individuare possibili strade oggettivamente percorribili per offrire soluzioni.

Mi meraviglio non poco che la sinistra - tutta la sinistra - di fronte agli enormi problemi della gente comune, di fronte all’evidente fallimento dell’ideologia liberista, di fronte all’operato di questo governo che, nell’arco di due o tre anni, porterà l’Italia ancora più indietro rispetto al resto d’Europa, non abbia ancora capito che l’unica via d’uscita è quella di elaborare un grande progetto comune capace di coniugare lo sviluppo del Paese con una nuova idea dell’uomo e della società, in coerenza con le grandi trasformazioni in atto a livello internazionale.

E’ così difficile mettere insieme un programma complessivo su cui aggregare le diverse anime della sinistra e ottenere il sostegno della maggioranza dei cittadini?
Qualche idea:

1) Sensibile redistribuzione delle risorse disponibili, attuata senza intenti punitivi nei confronti delle classi più ricche, ma nell’ottica di una più che condivisibile giustizia sociale. Principi ispiratori: rimodulazione delle aliquote IRPEF, lotta più decisa all’evasione fiscale, drastica riduzione degli sprechi (che comprendono anche le cosiddette “spese della politica”).

2) Lotta la precariato, condotta non attraverso l’introduzione di ulteriori vincoli che rendano questo meno praticabile, quanto piuttosto facendo in modo che esso costi di più all’imprenditore. In tal modo, i cosiddetti “contratti atipici” riacquisteranno a poco a poco la loro vera funzione - cioè far fronte a temporanee esigenze di produttività - e non per risparmiare su stipendi e salari.

3) Maggiore attenzione al problema della sicurezza, questione troppo a lungo sottovalutata dalla sinistra, che, al di là delle facili strumentalizzazioni del centro-destra, rappresenta una preoccupazione reale per molti cittadini.

4) Deciso rilancio delle energie rinnovabili, abbandonando definitivamente i folli progetti di nuove centrali nucleari (soprattutto anti-economiche), con iniziative pubbliche di vasta portata e con incentivi sostanziosi ai privati. Lotta serrata alle discariche abusive e a tutti coloro che inquinano. Iniziative forti contro l’abusivismo edilizio.

5) Seria riforma nei servizi, con l’introduzione di criteri per la valutazione della qualità delle prestazioni offerte; riconoscimento della professionalità e dell’impegno dei lavoratori addetti, con applicazione di meccanismi premio-sanzione.
Sarebbe anche opportuno cominciare a mettere in discussione l’idea, ormai largamente accettata in ampi strati della sinistra, secondo la quale, nei servizi, l’iniziativa privata sia da preferire alla gestione pubblica. Pongo queste elementari questioni: Perché l’iniziativa privata, guidata soprattutto dalla ricerca del massimo profitto, dovrebbe prestare attenzione alla qualità dei servizi offerti? Perché dovrebbe preoccuparsi delle esigenze di tutti i cittadini e non privilegiare quei settori dove si guadagna di più? (perché le Ferrovie dovrebbero curarsi dei disagi dei pendolari e non investire soprattutto nei progetti per l’Alta Velocità, sicuramente più redditizi? Perché le cliniche private, convenzionate, dovrebbero scegliere le soluzioni più semplici, ma meno remunerative, e non consigliare agli ammalati quelle più costose?).
L’idea che “privato è bello” nei servizi è frutto dell’ideologia della destra: idea che sembra porre rimedio agli sfasci prodotti dalle gestioni “politiche” degli anni ’70 e ’80, quando contava assai di più la fedeltà al partito che la capacità di gestione.

6) Per un vero sviluppo e un autentico rilancio dell’economia, la riduzione delle tasse per i lavoratori a basso reddito costituisce solo un rimedio temporaneo e sicuramente non molto efficace. E’ ormai ampiamente dimostrato che la crescita di un Paese è proporzionale alle risorse investite per l’istruzione dei cittadini e per la ricerca. Tutti parlano della bassa produttività italiana, male diffuso che impedisce di alzare le retribuzioni, pena il collasso delle aziende, che devono fare i conti con la concorrenza internazionale.
Da questa spirale si esce solo rendendo più competitive le nostre aziende, non sfruttando maggiormente i lavoratori, ma investendo in innovazione, privilegiando la qualità dei prodotti, l’originalità, e non la quantità (sulla quale i cinesi e gli altri paesi emergenti hanno un vantaggio enorme). La politica deve fare la sua parte, detassando gli utili aziendali investiti in ricerca e innovazione, fornendo ai cittadini un’istruzione adeguata, che favorisca la creatività e l’autonomia personale, e una formazione professionale all’altezza delle richieste del mercato del lavoro. Deve inoltre mettere a disposizione fondi adeguati per le università e i centri di ricerca, controllando rigorosamente come vengono utilizzati e i risultati ottenuti.
La ricerca e l’istruzione sono campi tradizionalmente trascurati dalla politica, e anche quelli dove si abbatte più facilmente la scure dei tagli quando si tratta di risparmiare. Perché? Per la semplice ragione che esse danno risultati concreti solo a media e lunga scadenza, mentre i politici hanno in genere bisogno di visibilità immediata. Ma sono anche i campi che maggiormente favoriscono lo sviluppo dei paesi tecnologicamente avanzati come è, appunto, l’Italia.



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Parole chiave: politica